Le organizzazioni sono luoghi vulnerabili, in cui la vulnerabilità non trova spazio. Nonostante sembri una contraddizione in termini, non lo è. Le aziende sono infatti vulnerabili sia per motivi contestuali ─ legati alla discontinuità, al cambiamento e all’incertezza che caratterizzano il nostro tempo ─ sia per ragioni interne, dal momento che sono costituite da persone, vulnerabili per definizione. Eppure, sono anche luoghi in cui la vulnerabilità viene taciuta e spesso osteggiata. Dove le persone faticano a esporsi e raccontarsi. Per capire la ragione di ciò e comprendere ciò che un’organizzazione perde se non è in grado di mettere a sistema la vulnerabilità dei suoi membri, è tuttavia necessario fare un passo indietro e chiedersi: cosa significa, davvero, essere vulnerabili?
Il valore della vulnerabilità
C’è la vulnerabilità fisica, ma c’è anche quella emotiva, che, come ci ricorda Brené Brown, ricercatrice americana studiosa del tema, ha a che fare tanto con le emozioni quanto con la capacità di fronteggiare rischio e incertezza. Vulnerabilità significa, infatti, sentirti esposti. Una sensazione che molte persone evitano di sperimentare sul lavoro, ma che tuttavia nasconde diversi vantaggi: sostiene la performance, favorisce i risultati, crea situazioni di coinvolgimento. Non solo: se integrata nell’esercizio della leadership permette di rafforzare la dimensione di gruppo, di promuovere trasparenza a tutti i livelli e di facilitare l’apprendimento continuo.
Gli ostacoli alla vulnerabilità
Perché, nonostante queste potenzialità, la vulnerabilità rimane la grande assente nelle organizzazioni? La motivazione è da ricercare in ostacoli tanto organizzativi quanto individuali. Nel primo caso, siamo di fronte a un tabù culturale, alimentato dall’idea errata che lasciare spazio alla vulnerabilità significhi dover per forza mostrarsi tali. Quando, invece, significa piuttosto poter liberamente scegliere se e quando farlo. Accanto al tabù culturale, la forte spinta sulla performance che caratterizza il mercato oggi e che porta con sé l’idea che la soggettività sia qualcosa di estraneo ai risultati. Quando invece, solo se integrati, questi due elementi possono davvero generare valore. Infine, la mancanza di fiducia che si riscontra trasversalmente nelle aziende e che non permette alla vulnerabilità di esprimersi, dal momento che questa ha bisogno di sicurezza psicologica per potersi manifestare. Anche a livello individuale, gli ostacoli non sono da meno. La vulnerabilità attiva la vergogna e il timore di deludere le aspettative, nonché la paura del giudizio. Le persone non vogliono disattendere l’idea che gli altri si sono fatti di loro e temono ciò che si potrebbe pensare di loro nel momento in cui dovessero rivelare qualcosa di sé. Ecco allora che per paura e timore individuali, rinforzati da limiti organizzativi, si finisce per tacere la propria vulnerabilità, perdendo l’enorme potenziale che questa potrebbe sprigionare.
Estrarre valore dalla vulnerabilità
Per mettere a sistema la vulnerabilità è necessario innanzitutto sensibilizzare sul tema, facendo chiarezza su ciò che davvero questo costrutto significa.
È poi necessario integrare nelle prassi e nei processi organizzativi momenti codificati in cui potersi dedicare alla relazione come strumento essenziale per generare non solo soddisfazione e ingaggio, ma anche risultati e buone performance. Infine, è importante puntare sulla comunicazione interna e sulla formazione di leader e responsabili per sviluppare la loro capacità di riconoscere e accogliere la vulnerabilità, partendo dalla promozione della sicurezza psicologica.
Siamo di fronte a un mondo del lavoro che sta inesorabilmente cambiando. Ci troviamo nel mezzo, immersi in una trasformazione in cui la soggettività delle persone sgomita per essere vista e accolta. La vulnerabilità è un tassello importante di questa metamorfosi e, come ricordato anche durante l’intervento di Biancamaria Cavallini, Psicologa del lavoro e Board Member & Operations Director di Mindwork, sul palco dell’HRC Meeting 2024 presso il Forte Village, il futuro delle aziende si gioca anche sulla loro capacità di riconoscerla, comprenderla e valorizzarla.
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1 commento
La vulnerabilità non è fragilità ma anti-fragilità.
Non è debolezza ma forza, un superpotere da esplorare e comprendere per una leadership davvero efficace nelle organizzazioni e per costruire culture organizzative senza paura (fearless organizations).
La vulnerabilità è la consapevolezza di non essere perfetti, e ammettere che va bene così perchè siamo umani.
A tutti noi fa piacere avere a che fare con leader, manager e colleghi umani che sono persone piuttosto che con macchine da guerra che si vendono come perfette, infallibili, personaggi distanti e disumani.
La consapevolezza e accettazione della propria vulnerabilità e i comportamenti che crea nelle relazioni in azienda apre porte e finestre agli altri e rende possibili nuove connessioni umane autentiche e crea legami di fiducia.
La vulnerabilità e umanità dei leader e dei manger crea ambienti di lavoro umani che attraggono e trattengo i migliori esseri umani.
#wellbeing design