La promozione del benessere psicologico in azienda è un valore imprescindibile che genera un impatto positivo non solo sul piano organizzativo e personale, ma anche a livello sociale e umano. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno si perdano 12 miliardi di giorni lavorativi a causa di ansia e depressione. Una cifra che equivale a circa mille miliardi di dollari.
Ecco allora che investire in un ambiente di lavoro che supporta la salute mentale delle persone non è solamente una scelta etica, ma anche strategica. Le aziende che investono in iniziative per la salute mentale creano un ambiente di lavoro più inclusivo e resiliente, in grado di rispondere meglio alle sfide di un mercato sempre più competitivo. Il benessere psicologico non riguarda solamente la riduzione dello stress o la prevenzione del burnout, ma si traduce in un miglioramento complessivo del clima aziendale, che favorisce la collaborazione, l’innovazione e la capacità di adattamento. Inoltre, un ambiente di lavoro sano e stimolante attira e trattiene talenti, rafforzando il vantaggio competitivo dell’impresa e promuovendo una cultura del lavoro positiva e sostenibile, che riverbera sull’intera comunità.
A tal proposito, spostandosi in Italia, i dati 2024 dell’Osservatorio Mindwork-BVA Doxa sullo stato di benessere psicologico nelle aziende italiane, evidenziano come il 79% delle persone ritenga che le aziende che investono in benessere psicologico generino un impatto positivo sulla società. Questo è possibile perché gli individui che stanno bene al lavoro risultano più coinvolti nelle loro comunità e maggiormente in grado di mantenere relazioni – familiari e non – più solide, rafforzando dunque la coesione sociale.
Politiche aziendali orientate al benessere possono inoltre contribuire a ridurre le disuguaglianze: offrendo ascolto e pari opportunità di sostegno psicologico, le aziende garantiscono indistintamente un servizio che altrimenti potrebbe non essere così accessibile. L’attenzione crescente al benessere psicologico in azienda riflette dunque un cambio di paradigma verso un modello di impresa più responsabile, in cui il valore delle persone viene riconosciuto non solo per la loro produttività, ma anche per il loro benessere complessivo. Vedendo questi due aspetti come integrati l’un l’altro, nell’idea che investire in ogni singola dimensione del well-being significhi investire anche nei risultati. La salute mentale è infatti parte integrante del successo delle organizzazioni. Non c’è sostenibilità ─ economica, oltre che sociale e umana ─ senza benessere psicologico.
Il legame tra queste due dimensioni è tuttavia ancora più profondo: per svolgere bene il proprio impiego, è necessario possedere un buon equilibrio psico-fisico. L’ultimo rapporto OCSE afferma che le persone che hanno una qualche forma di disagio mentale hanno tassi di occupazione più bassi. In particolare, l’indagine rivela che la probabilità di trovare un impiego è, per questa fascia della popolazione, tre volte più bassa. È così che si determina un circolo vizioso: lunghi periodi di disoccupazione sono a loro volta associati a problemi legati alla salute mentale. Risulta pertanto evidente l’importanza che il supporto all’occupazione riveste per le persone che convivono con malattie mentali. Il lavoro può infatti diventare un importante mezzo non solo di emancipazione, ma anche di cura. Ecco perché è necessario che lo stesso sia il più possibile – e per chiunque – non solo accessibile, ma anche sostenibile e orientato al benessere.
Ogni persona ha diritto a un ambiente di lavoro sicuro e sano, anche da un punto di vista psicologico. Questo non vuol dire eliminare il malessere (sarebbe sia impossibile sia poco sano), quanto piuttosto offrire gli strumenti adeguati per gestirlo e fronteggiarlo. Un’azienda che investe nella sua sostenibilità, non può farlo senza rendere la salute mentale una priorità.
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