Una domanda semplice, diretta, disarmante ha attraversato la giornata: “Come stai?”. Non come formula di cortesia, ma come atto culturale e relazionale. Non è stata una giornata come le altre quella che si è svolta nella cornice del Sole 24 Ore Formazione, dove HRC ha organizzato l’ottava edizione di Well@Work 2025. Un appuntamento che ha dimostrato – dati alla mano – che il benessere organizzativo non è una tendenza, ma una leva strategica e un impegno strutturale per chi vuole costruire imprese sane, sostenibili, competitive.
È stato Marco Gallo, Managing Director di HRC Community, ad aprire i lavori, sottolineando che il benessere non è più una “soft topic”, ma un principio di co-responsabilità tra azienda e persona, che chiama in causa anche engagement, felicità, autodeterminazione. Al suo fianco, Fulvio Peppucci, Direttore Generale di Sole 24 Ore Formazione, ha dato il benvenuto sottolineando il valore di una cultura manageriale fondata su salute, sostenibilità e competenza.
Dalla Terra all’identità
Il messaggio portato da Sara Segantin, giornalista scientifica, e Andrea De Beni, vicepresidente di Bionic People e TED speaker, ha composto un’unica potente riflessione sul benessere come atto politico e trasformativo.
Segantin ha richiamato il “Patto per il Futuro” lanciato al Summit ONU 2024: un invito a ripensare il nostro ruolo nel mondo come custodi, non consumatori. Benessere non più come privilegio, ma come diritto umano universale, che riguarda tanto la salute quanto la dignità, l’equilibrio e l’appartenenza.
De Beni ha ampliato la visione, sostenendo che “il benessere è la chiave per cambiare tre mondi: quello percepito, quello reale e quello degli altri”. Il punto, ha sottolineato, non è creare colleghi migliori, ma persone migliori, capaci di abitare con responsabilità il tempo e le relazioni che vivono ogni giorno. L’impresa ha quindi il potere – e il dovere – di diventare luogo generativo di significati e possibilità.
Salute come strategia d’impresa
Anna Nozza di Generali Italia e Marco Spadafora di Carol hanno aperto un confronto diretto sul ruolo delle aziende nella riformulazione del concetto di salute. Nozza ha dichiarato con forza che “il benessere non è un benefit, ma un investimento strategico a lungo termine”, evidenziando l’inadeguatezza di approcci a breve termine o limitati ai check-up annuali.
Spadafora ha aggiunto un’analisi lucida sul sistema sanitario italiano: solo il 10% delle spese sanitarie è coperto da assicurazioni, il 90% grava sulle famiglie. “Serve un nuovo modello culturale, basato sulla prevenzione, sulla presa in carico personalizzata e su strumenti innovativi accessibili”.
Italia: il Paese più stressato d’Europa
Alessandra Colao, Direttrice Comunicazione di SD Worx Italy, ha presentato in anteprima nazionale i risultati della ricerca europea HR & Payroll Pulse (febbraio 2025), condotta su 5.625 decisori HR e 16.000 dipendenti in 16 Paesi.
Il quadro che emerge è allarmante:
• 65,9% dei lavoratori italiani tra i 35 e i 49 anni soffre di stress, con punte del 65% tra le donne e una grave disparità nell’uso dei congedi psicologici (8,7% donne vs. 14,8% uomini).
• L’Italia risulta il Paese più stressato d’Europa, ma anche quello con il più basso ricorso ai congedi per motivi psicologici.
• Solo 6 italiani su 10 si dichiarano soddisfatti del proprio lavoro, e ancora meno si sentono coinvolti.
• Il 27,6% degli HR europei indica il benessere dei dipendenti come priorità strategica n.1, contro il 27% in Italia, dove la prima preoccupazione resta la retribuzione
Le sfide per le aziende? Digitalizzazione dei processi HR, vincoli di budget e – soprattutto – capacità di costruire ambienti in cui salute fisica, mentale ed emotiva siano realmente integrate nella cultura d’impresa. Come ha osservato Colao: “Solo liberando tempo e risorse si può dare spazio a ciò che davvero conta: il benessere reale, non di facciata”.
Quando il benessere parte dalla coerenza
Elisa Terraneo di Eudaimon e Graziano Marcuccio di De Nora hanno posto il tema della sindrome da corridoio: la contaminazione costante tra vita privata e lavoro. Un fenomeno che richiede ambienti flessibili, relazioni sane e cultura dell’ascolto. “Felicità non è un punto d’arrivo, è un moto a luogo”, ha detto Marcuccio, “Serve una leadership che promuova empowerment, sicurezza psicologica e co-protagonismo”.
Il modello De Nora si basa su empower collaboration: un patto tra leadership e collaboratori che valorizza l’autonomia, la responsabilità e la connessione tra le persone, anche nei sistemi di performance e valutazione.
ERG
Nella prima tavola rotonda sono stati portati esempi concreti di ERG come leva bottom-up di trasformazione culturale. Claudia Chiaraluce ha illustrato l’impatto in Unicredit dei gruppi su disabilità visibile e invisibile: oltre 4.000 ATM resi accessibili ai non vedenti grazie a un processo di co-design interno.
A2A, con Giampaolo Montemaggi, ha ribadito che gli ERG sono percorsi continuativi, non progetti una tantum: serve passione, ma anche strutture, budget e dialogo con le figure organizzative. Nina Barreca di Mylia_ ha sottolineato il potenziale rischio di isolamento dei gruppi: “Senza innesto organizzativo, anche le migliori idee restano ai margini”.
In questo senso, gli ERG si configurano come spazi di cura attiva, capaci di generare cambiamento sistemico partendo dalle persone. Come ha ricordato Luigina Mortari, docente di Filosofia della cura: “Prendersi cura significa assumersi la responsabilità della vita dell’altro, promuovendone le possibilità di fioritura. Anche nelle organizzazioni, la cura è un atto politico che costruisce relazioni generative”.
Cura e potere personale
Nel panel conclusivo si è parlato di cura, spiritualità e potere personale. Ilaria Gaspari, filosofa, ha invitato le aziende a riscoprire la parola “anima” nella formazione. “Il benessere non è solo ciò che ricevo, ma anche ciò che posso offrire. È agire per il bene comune”.
Alessandro Camilleri di Gruppo Hera, Ludovica Denaro di BAT ed Elena Faini di Welfood – Benessere 360 hanno ribadito l’importanza di ambienti che riconoscono la complessità delle persone e investono in ascolto profondo, modelli inclusivi e coerenza tra cultura e pratica.
Well@Work 2025 ha fatto emergere con forza che il benessere non è più una variabile esterna al business. È l’infrastruttura invisibile che tiene insieme produttività, senso, engagement e sostenibilità. Serve coraggio, ascolto e strategia. Ma soprattutto, serve iniziare ogni giorno da una domanda: “Come stai?”.