Ciao a tutte e tutti, eccoci a Fuori dal mondo, lo spazio per gironzolare insieme a Futureberry. Oggi parliamo di fantascienza, immaginazione e futuri migliori.
La fantascienza ha vissuto gran parte della sua vita nella cosiddetta categoria ”di genere”, un territorio marginale vastissimo e popolato da grandi autori e autrici a cui veniva continuamente chiesto quando avrebbero smesso di scrivere libri o film per ragazzini, per entrare nel mondo della cultura alta, seria, adulta.
Poi, gradualmente ma con decisione – forse anche grazie all’arrivo in posizioni di rilievo della generazione cresciuta a Star Wars e Dr Who – è diventata mainstream e a essere proposta sempre più come chiave interpretativa della realtà. Black Mirror non ci inquieta perché racconta quello che succederà nel futuro, ma perché ci parla già del presente.
Ursula Le Guin, scrittrice di fantascienza molto amata e nota, diceva: “una delle funzioni essenziali della fantascienza per me è proprio questa modalità di porre domande: il contrario del modo usuale in cui pensiamo, metafore per qualcosa che il nostro linguaggio non sa ancora denominare, esperimenti immaginativi”.
La fantascienza insomma non prevede quello che sarà (e bisogna fare attenzione a non aspettarsi che lo faccia mai) ma crea domande potenti e che risuonano nell’esperienza di persone molto diverse – e se gli Alleati avessero perso la seconda guerra mondiale? E se ci sviluppassimo tutti in una razza perfettamente androgina? – e le sviluppa con rigore, anche se tra inciampi e incoerenze, e immaginatività (non è detto che immaginatività sia una parola esistente, ma rende bene).
Perché parliamo di fantascienza qui, oggi?
L’abilità e l’abitudine di sviluppare un pensiero immaginativo sui futuri individuali e collettivi sono forse le capacità di cui abbiamo bisogno in ogni ambito, comprese aziende e organizzazioni. Certo, siamo in grado di immaginare l’apocalisse o la prossima innovazione tecnologica, ma quando si tratta di disegnare una società futura migliore, siamo come paralizzati. Per citare gli Extinction Rebellion: “We need to rewild our imagination. We must learn how to dream again, and we have to learn that together”. E visto che, volenti o nolenti, la maggior parte di noi vede nel lavoro e nelle aziende il proprio orizzonte di realizzazione futura, le organizzazioni devono raccogliere questa sfida a costruire nuovi spazi di immaginazione positiva e collettiva.
Imparando gli strumenti del mestiere della fantascienza, perché no.
Rubrica e articolo di Futureberry in collaborazione con HRC Community